4 Marzo
Nell'ultimo giorno di carnevale, i nostri antenati, mentre molte mamme friggevano i tradizionali crostoli, che sono sempre stati il sinonimo dell'allegria festosa, tipica del carnevale, i ragazzi giravano in gruppo, grandi e piccoli, lungo le canisele, le viuzze dei paesi, forniti di barattoli, e qualsiasi cosa potesse servire per far rumore, e ravvivare così le silenziose giornate di fine inverno.
Questa abitudine che continuò per anni ed anni, è l'eco di simili che altrove furono fissate al primo di maggio per chiamare, o annunciare simbolicamente l'arrivo della primavera.
Il carnevale segnava un momento comune in cui tutti potevano travestirsi ed andando nelle varie case introducendosi nei filò, i caratteristici ritrovi del passato.
Questo però era anche il momento delle piccole vendette e dispetti per qualche torto subito, piccole schermaglie il più delle volte dettate da questioni amorose (ma si parla anche di qualche fatto di sangue!) approfittando dell'anonimità della maschera e della confusione.
In questo ultimo giorno di carnevale vogliamo inserire nell'almanacco tre figure che da sempre popolano l'immaginario della nostra gente, la misteriosa e nera Smara e i magici e rossi Mazarol e Sanguanel.
Personaggi che vivono attraverso le s-cione, le leggende delle nostre Valli, tramandate da una generazione all'altra.
Ecco così apparire, nelle sembianze di una donna alta, magra, velata di nero, la Smara, uno spirito che solitamente abitava la notte, e nella credenza popolare rappresentava la morte, (che opprime, toglie il fiato, strangola, uccide). Quando si provava qualche incubo durante il sonno, lo si attribuiva ad una sua visita furtiva nella stanza.
I malati, quando sentivano qualche oppressione affannosa, non volevano restar soli, avevano timore di questa signora della notte: nell'allucinazione sembrava loro di sentirla avvicinarsi.
Chi li assisteva o li vegliava, per calmarli, recitava subito qualche preghiera per tenerla lontana.
Tutta diversa e meno spaventosa era la credenza dell'esistenza del Mazarol e del Sanguanel. "il Mazarol rispecchia il Sanguanel o Salvanel trentino, un omiciattolo, vestito di rosso, che rapiva ragazzi e bambini, tenendoli con sé quali servitori e nutrendoli con pane e latte fino a che essi riuscivano a scappargli". Nella Valle del Vanoi si è sempre parlato del Sanguanel, che si riteneva abitasse i suoi boschi, qui la leggenda era giunta probabilmente dalla Valsugana attraverso il Tesino.
Il Mazarol, era piuttosto vecchio, piccolo e curvo, vestiva pantaloni e gilet rosso, aveva un gran cappellaccio e un mantello nero, sotto il quale nascondeva i bambini discoli e disobbedienti.
Si narrava che se una persona metteva casualmente un piede sopra un'orma da lui lasciata passando, spinta da un incantesimo irresistibile, seguiva per monti e valli le sue peste e arrivava così alla sua caverna.
Appena giunta, egli premurosamente gli offriva da bere il latte di una sua capra nera che aveva il potere di far dimenticare tutto e tutti, quindi vi rimaneva docile ed inconscia a servirlo.
Solo il caso poteva cambiare questa sua nuova vita: se veniva scoperta da qualcuno che, credendola smarrita e vedendola smemorata, la riconduceva in paese.
Qui, per guarirla bisognava darle da bere il latte di una capretta completamente bianca.
Così sfumava l'incantesimo e tutto tornava come prima.
Ancora oggi, richiamandosi alle leggenda, di una persona sfortunata, a cui tutto va storto, si dice comunemente "gnanca se l'avese zapa su la peca del Mazarol" ovvero neppure se avesse calpestato l'orma del Mazarol...
4 Marzo 1941
Inizia in questo mese le proprie pubblicazioni il mensile "Voci di Primiero", edito dalle parrocchie del decanato, i cui promotori furono don Giovanni Gubert di Siror, don Natale Pettena per Transacqua, don Pietro Doff Sotta per Tonadico e don Luigi Demattè per Mezzano.
Ma la mente e l'anima di voci fu fin dalla sua fondazione don Stefano Fontana, uno dei maggiori studiosi e cultori delle nostre origini.
Il direttore del primo numero fu don Pettena che passò subito la mano a don Giovanni Gubert al terzo numero.
I primi numeri erano un bollettino parrocchiale di 4 comuni, Siror, Transacqua, Tonadico e Mezzano, infatti in copertina erano illustrati i 4 campanili 1 dei paesi, a questi ben presto si aggiunse la parrocchia di Imer.
La parrocchia di Fiera - Pieve entrò a far parte della redazione di "Voci di Primiero" dal luglio 1942 con il nuovo decano don Camillo Orsi.
Il bollettino era costituito da 4 pagine stampate su carta "da guerra". "Voci di Primiero" sospende a causa della Seconda Guerra Mondiale le proprie pubblicazioni dal gennaio 1944 all'agosto 1947, a causa della legge fascista che limitava la libertà di stampa.
Da quel mese ripresero le pubblicazioni, si allargò il proprio numero di lettori con Canal San Bovo e Sagron-Mis.
Voci di Primiero coinvolge, oggi come allora, la gente che risiede nelle nostre zone come gli emigranti, offrendo una panoramica di vita delle nostre valli, sull'andamento demografico e studi di storia locale, curati prima da don Fontana e poi dall'indimenticabile Giovanni Meneguz.