11 Dicembre
Nel libro "Vita Primierotta, nei suoi costumi, tradizioni e leggende" il maestro Corrado Trotter descrive lavori piuttosto diffusi in passato nelle nostre valli, che purtroppo con il tempo sono andati via, via scomparendo.
Nel corso di "Primiero ricorda..." cercheremo di scoprire quali fossero questi lavori ed anche quelle figure di artigiani, che hanno dato una nota caratteristica alle nostre zone e che sono ancora vive nella memoria dei nostri nonni.
Pian de le fusine, pian dei stizi, carbonere e forno dove c'era la ferareza con l'altoforno... Sono luoghi che richiamano alla memoria la figura del carbonaio, un mestiere diffuso nelle nostre zone agli inizi di questo secolo.
All'epoca delle miniere vennero attivate numerose fornaci, gran parte del legname prodotto venne utilizzato sia pàr armàr la vòlta de i stóli sia per arroventare i forni.
In prevalenza faggio, a volte anche i rami delle conifere, venivano trasformati nei rudimentali poiati in carbone dolce, che era più ricco di calorie della legna e necessario per la fusione dei metalli.
Se ne preparava molto in Val Giasinozza e si trasportava in gran sacchi a dorso di mulo.
Altra occupazione rara e caratteristica fu quella dei fumeri che erano capaci di lavorare le funi di pelle da conciare o cruda a zinque cordoli, cosicché diventavano resistenti quanto le catene.
Ad un capo, con un nodo, veniva attaccata la spora di legno, appositamente studiata per tendere la fune ed allacciarla.
Queste funi furono molto usate dai nostri nonni contadini che di solito le conservavano con cura e ben ingrassate.
Quella del fumer è stata un'arte imparata fuori Valle, probabilmente in Austria, da un certo Svaizer di Mezzano che era stato in servizio militare per ben 12 anni perché aveva fatto la comune la cioè il soldato anche per altri obbligati, dietro pagamento di un indennizzo pattuito.
Anche a Tonadico ci sono stati i fumeroti, di cui rimane ancora un erede. Un altro lavoro altrettanto raro, arrivato in Valle verso la metà del secolo scorso, fu quello del battirame.
Lo portò un giunta proveniente dalla Val di Sole, la terra dei "parolari", che risiedeva all'Isola di Transacqua.
Preparava anzitutto le caldrole de la polenta ed anche tutta una serie di utensili da cucina, cioè i cosiddetti rami quali: i seci per l'acqua, el raminel de 'l cafè, le ole par la menestra, scaldaleti, le gocome del cafè, la caza de l'acqua, etc.
Tutta questa produzione aveva più o meno, secondo la fantasia del battirame, inciso qualcosa di artistico.
Ora, essendo pressoché sparito l'uso dei rami nella cucina, il lavoro del battirame si è indirizzato verso oggetti di carattere artistico che rispecchiano in molti casi quelli esistiti per utilità nel nostro passato.
Altra menzione meritano i resteleri dei Berni nel comune di Canal San Bovo, ingegnosi e volonterosi contadini trasformatisi col tempo in provetti artigiani specializzatisi nella costruzione dei rastrelli da fieno che sono utensili di brigosa fatturazione anche per la scelta del legno adeguato: pez par el manech, noghera o fagher par la petenasa, frasen o casia par i denti.
Ancora ai nostri giorni c'è uno dei veci resteleri di Prade che nelle domeniche di maggio mette in mostra i suoi manufatti, resei e falcari, perché li vedano i contadini dei vari paesi quando escono di chiesa dopo la Messa cantata.