29 Agosto
Tra le figure di emigranti del passato, specialmente dopo le sconvolgenti alluvioni del secolo scorso, ce ne furono alcune che si spinsero nella vicina fertile Pianura Veneta per elemosinare un tozzo di pane o un piatto di minestra, offrendo in cambio qualche servigio di qualunque lavoro manuale.
Il contratto di lavoro per questi emigranti, né qualificati, né in buone condizioni fisiche, non era altro che il rapporto umano della carità cristiana.
Purtroppo qualcuno, misero si, ma più accorto e splendido attore, intuì che questa forma di accattonaggio si sarebbe prestata, dato lo sfondo di tragiche sventure subite, ad una presentazione scenica e, tirando in ballo i sentimenti religiosi, cominciò a mettere in mostra immagini della Madonna o di qualche Santo invocandole con preghiere, storie, canti, lamentazioni.
Alla fine della giornata queste scenette fruttavano dei soldi, tanto che qualcuno ne approfittò penetrando nei paesi limitrofi come l'Italia Settentrionale, la Svizzera, la Balcania, le regioni austriache confinanti, tornando a casa, sia pure dopo lunghi ed estenuanti itinerari, con un piccolo ma prezioso gruzzolo.
Di solito partivano in due, o amici o coniugi.
Uno annunciava le disgrazie subite e ogni tanto suonava l'organino a manovella, un minuscolo carillon; l'altro pregava imbastendo della frasi in dialetto, a volte perfino umoristiche o irriverenti, tanto la lingua era diversa e nessuno capiva qualcosa.
Ambedue poi raccoglievano le offerte.
All'aiutante, come detto, spettava il compito di portare il quadro della Madonna col suo cavalletto per sistemarlo e quant'altro serviva personalmente ai sue peregrinanti, compreso l'organetto per dare una nota allegra.
Logicamente doveva recitare insieme le orazioni e le narrazioni, imparate a memoria, che dovevano commuovere gli astanti.
Alla fine della cerimonia raccoglieva le offerte col cappello in mano.
Così da una via all'altra, da una piazzola all'altra, di casolare in casolare, cercando di rimediare anche un po' di cibo.
Per fortuna questa comoda professione rimase ristretta a pochi elementi, soprattutto perché bisognava non avere scrupoli ed essere veramente ottimi attori.
29 Agosto 1780
Gli abitanti di Prade volevano ottenere dal vescovo di Feltre alcune concessioni ed una ragionevole autonomia, in materia religiosa, da Canale (facoltà di adempiere al precetto della Messa nella propria chiesa, di avere l'amministrazione di determinati benefici -spirituali e anche materiali- a Prade anziché dover dipendere sempre da Canale etc.) cosa che ottennero il 29 agosto 1780. Un mese prima, l'arciprete decano di Primiero don Carneri presentava al vescovo di Feltre "la composizione amichevole fatta davanti al delegato don Torresani fra il popolo di Prade e Canale". Mons.
Ganassoni con suo rescritto concedeva a quelli di Prade, in data 29 agosto 1780: 1. Di costruite nella chiesa un tabernacolo, da tenersi giorno e notte illuminato - 2. Di avere il fonte battesimale e gli olii Santi "da riceversi dal curato di Canale" - 3. Di cantar Messa, predicare, far dottrina, recitare il rosario la sera - 4. Nei giorni più solenni l'obbligo di leggere il Vangelo solo "in un'ora che non disturbi le funzioni di Canale" - 5. Inoltre il beneficiato di Prade avrà l'obbligo di presenziare alle funzioni di Canale solo due volte all'anno, nella festa del Corpus Domini e in quella di San Bartolomeo.
Aveva inizio così anche per Prade in quel lontano agosto del 1780, un movimento di progressivo distacco e di autonomia della chiesa locale dalla sua matrice che nel secolo avrebbe avuto l'epilogo, con l'erezione di Prade e poi anche di Zortea a parrocchie vere e proprie, cioè indipendenti alla pari di tante altre.