“Trento è un carcere che, lo scorso 28 febbraio, ospitava
362 detenuti di cui 44 le donne e 207 gli stranieri, in un contesto regionale
che vede detenute complessivamente quasi 500 persone”, evidenzia Capece del
Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. “La mia, nostra, presenza vuole
essere soprattutto una testimonianza e un segnale di solidarietà e di vicinanza
alle poliziotte ed ai colleghi in servizio a Trento che operano con umanità e grande
professionalità. Altro obiettivo è rilanciare la denuncia per i problemi legati
al sovraffollamento e alla mancanza di risorse per far funzionare meglio gli
istituti penitenziari”. Per Capece, “sarebbe fondamentale, per dare dignità
alla detenzione, che i detenuti lavorassero, tutti, così da non stare tutto il
giorno nell’apatia e senza fare nulla. Il dato oggettivo è che il budget
largamente insufficiente assegnato per la remunerazione dei detenuti lavoranti
ha condizionato e condiziona in modo particolare le attività lavorative
necessarie per la gestione quotidiana di ogni istituto penitenziario (servizi
di pulizia, cucina, manutenzione ordinaria del fabbricato) incidendo
negativamente sulla qualità della vita all'interno dei penitenziari. Mi sembra evidente
che se i detenuti fossero impegnati nel lavoro, nello studio ed in altre
attività difficilmente ci sarebbero così tanti eventi critici in carcere”,
evidenzia il leader del SAPPE. Che rilancia: “L’integrità psicofisica dei
poliziotti penitenziari impiegati nelle carceri del Trentino-Alto Adige in
particolare, è stata messa a dura prova specialmente nei mesi di giugno, luglio
ed agosto di quest’anno, con numerose aggressioni subite anche negli ultimi 5
mesi”. Per il leader nazionale del primo Sindacato del Corpo, “dopo i tanti
episodi di violenza di queste ultime settimane, non possiamo che invocare
misure di maggiore rigore, per riportare la legalità nelle carceri. Chiediamo
che i detenuti violenti vengano ristetti in appositi istituti, dove dovrebbero
scontare la pena al regime chiuso, con applicazione delle misure restrittive di
cui all’articolo 14 bis dell’ordinamento penitenziario, perché mettono a
rischio l’ordine e la sicurezza e, spesso, si avvalgono anche della loro
posizione di supremazia nei confronti degli altri reclusi. Chiediamo inoltre la
dotazione del taser, o di altro strumento simile, affinché gli agenti possano
difendersi ed evitare che la violenza dei detenuti venga portata a conseguenze
estreme».
